venerdì 23 ottobre 2009

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POESIE IN VETRINA : BUBA

Il travet



"... è la vita che, passando sporca un po' le dita...."
[R. Zero - Marciapiedi]

Ai tempi di mio padre
mi avrebbero chiamato travet.
Camicia bianca inamidata
mezze maniche nere a vestire
diligenza e puntualità.

Cravatta al collo come cappio
valigetta consunta nella mano
clangore ferroso del tram.

Gente che sale e che scende
aria viziata la mattina,
il cartello “vietato sputare”
e giornate tutte uguali
come il refrain di una vecchia canzone.

E’ la mia vita
la vita di un travet moderno.
Sguardo basso
e mani nelle tasche.
E’ la vita di un triste rabdomante meneghino che
in fondo in fondo
cerca solo il coraggio di volare.

Buba

14 commenti:

  1. Bella poesia,scritta molto bene,ricca di nostalgia,ma vera,e si sente,nel rileggerla,complimenti Buba,buona serata Stella.

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  2. Grazie stella x averla pubblicata...

    La recensione è facile : è la vita di un impiegato comune che non riesce a trovare la forza per uscire dal grigio menage quotidiano, lo desidererebbe ma non ce la fa, per colpa sua, per i suoi atteggiamenti scontrosi verso la vita... La sua esistenza è piatta, gli altri lo infastidiscono .... Non è felice e soffre per la felicità degli altri...

    Chissà se la forza innarrestabile della Vita gli darà - prima o poi - il coraggio di volare ....

    Ciao a tutti e buon fine settimana !

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  3. Buba, mantengo le promesse!

    E' una poesia che merita la vetrina.

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  4. Ciao, proprio bella l'immagine del girasole! Ho letto qua e là, sostenuto dalla musica, e mi son sentito bene. Buon fine settimana e grazie del tuo passaggio.

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  5. Squisitamente semplice e autentica,come al solito, sia nello stile che nel tema.Difficile per me è capire se ti abbia ispirato una "realtà sociale" indistinta o una specifica persona o un ricordo passato...probabilmente tutte queste cose assieme...Ciao!

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  6. @leone sei sempre il solito... curiosone !!!! :D mi ha ispirato una specifica persona.....

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  7. Cara Stella,

    Ti chiami così e lo sei nei rapporti esteriori, cosa che ti proviene dall'interiorità, specie in relazione alla tua predilezione per la poesia. Ma fino a che altezza, chi ora – mettiamo – è invitato a leggere questa poesia, «Il travet», arriva ad essere consapevole della tua innata capacità di darvi valore aggiunto e far luce su ciò che manca nella conclusione?
    Meglio – da che ti proviene un certo potere di volgere in bene una situazione incerta, come questa, «Il travet» che «cerca solo il coraggio di volare», ma che non riesce ad avere, che io intravedo?
    Ma sei, come ti ho vista, una stella colma di sapienza che attiene la poesia. È così.
    E va bene! ammettiamo che io sia come dici tu, mi ribatterai, ma cosa ho fatto di speciale ora con la poesia «Il travet»? Sono incuriosita, dimmelo.
    Hai saputo allestire un background a questa poesia che meglio non si poteva.
    Ora te ne parlo.
    Prima cosa conta in via provvisoria l'indagine sulla poesia di Buba, che sappiamo già attraverso l'opinione dei tanti convenuti a questo post. Quindi è superfluo aggiungere altro. Tuttavia manca il pensiero di chi ha proposto il post, il tuo cara Stella.
    E per saperne importa sondare appunto sugli altri oggetti che sono stati posti quale background della poesia.
    Al tuo interno mentale, entro certi limiti palese, Stella, hai certamente voluto far parlare il quadro con il fiore appassito (che è dominante) con la relativa didascalia, "... è la vita che, passando sporca un po' le dita.... [R. Zero – Marciapiedi]" colorato in giallo.
    Dunque un girasole appassito in una bottiglia in un contesto in penombra. In più la sua ombra specifica, un po' sul piano ed il resto sulla parete. Uno studiato gioco, assai efficace per dare l’impressione di una ciabatta vecchia il cui immaginario piede è più una foglia rinsecchita e vagamente un fiore.
    La bottiglia porta al pensiero che si tratti di una di quelle cosiddette "bottiglie del naufrago", in cui si pone un messaggio di soccorso. Ma è remota la possibilità che venga raccolto da qualcuno, considerato che il malcapitato si trova su un’isola sperduta di un oceano.
    Il girasole è un fiore di campo, che da un lato potrebbe riferirsi alla metafora evangelica sulla provvidenza divina, di una certezza di essa, mentre da un altro lato il suo nome porta alla consapevolezza che, finché è giorno ha modo di essere sempre sotto i benefici raggi solari. Questa visione riguarda l'interiorità dell'uomo, immaginando che l’artista del dipinto l'abbia correlata a quella sua, mentre l'ombra che raffigura una scarpa vecchia porta al corpo dello stesso uomo che si invecchia aspettando un soccorso che, forse mai verrà. Ma la speranza resta comunque e sembra dirlo la luce che traspare nella penombra che è rassicurante.
    Ecco già questo è abbastanza per fornire la giusta inquadratura che è effettivamente in armonia con la poesia in causa.
    Ma c'è di più attraverso la canzone di Renato Zero, messa a ridosso del quadro con caratteri di colore giallo, quasi a dare la peculiare idea del genere di sole che dà vita al girasole del dipinto. "... è la vita che, passando sporca un po' le dita....", come a rassicurare sull'esito degli ultimi versi della poesia:
    «E' la vita di un triste rabdomante meneghino che / in fondo in fondo / cerca solo il coraggio di volare.»
    Ovvero per rassicurare quella sorta "scarpa-ombra" del quadro, e quindi il «rabdomante meneghino» (correlato a «Marciapiede» titolo della canzone di R. Zero) della poesia, che entrambi troveranno «il coraggio di volare».
    Entrambi troveranno l'"acqua di vita" (rabdomante meneghino) dalla terra, che vuol far concepire la salvezza, se non altro dell'anima che confida nel Signore.

    Cari saluti,
    Gaetano

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  8. @Gaetano.... purtroppo invece il "mio" Travet se continua a comportarsi così, l'acqua della vita non la troverà mai e avizzirà giorno dopo giorno come l'ombra del girasole...... lo sta già facendo... il finale della poesia è la speranza che prima o poi trovi il coraggio di volare, ma non lo troverà da solo, sarà la forza della vita, con una delusione, un dispiacere, un incontro inaspettato, che gli darà un bel ceffone e di conseguenza una spinta.... spero di essere presente quando gli affiorerà sul viso il segno delle 5 dita....

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  9. @Gaetano sono lusingata dal tuo splendido approfondimento un abbraccio

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  10. @Buba ti ringrazio per il lusinghiero apprezzamento per ciò che ho scritto. Mi rammarica che il tuo Travet, come tu ravvisi cupamente, non sia come quello emergente dal mio commento, che, grazie all'influsso solare dell'amica Stella ha modo di sfuggire dallo stallo mortale a cui soggiace inane.
    Tuttavia noto che sei un arietina, una condizione astrologica che presuppone energia, dinamismo. Volontà, orgoglio, ambizione, aggressività sono le peculiarità dominanti assieme alla testardaggine, caratteristica principale per i nati in Ariete. Ma gli arietini sono soggetti poco perseveranti, si lasciano travolgere dalla loro impulsività in grandi entusiasmi improvvisi, che devono trovare immediata realizzazione. Essi sono anche eccitabili e risentono degli eccessi della loro imprudenza: incidenti e cadute sono piuttosto frequenti.
    Non hanno molta costanza, dato che il loro entusiasmo può spegnersi così come è nato, all'improvviso. Sono pronti a esaltarsi per una passione o un'idea, se delusi, però, reagiscono molto male, con depressioni e spesso con violenza nei confronti degli altri.
    Amano ed hanno bisogno di essere in costante movimento.
    I nati dell'Ariete sono persone: schiette, sincere, coraggiose, capi branco e leader per vocazione.
    Un quadro che non fa dispiacere, ma allora perché il tuo sole è un Travet a tuo avviso? Eh! per fare un arietino occorre che Marte non sia offeso in qualche modo, o addirittura assente come quell'Ulisse dalla sua Itaca invasa dai Proci. Ecco una situazione che sembrava critica ma che poi al sopraggiungere dell'Odisseo si dimostra risolutivo e tutto si accomoda, non senza la morte dei Proci, pur sempre dei principi, delle preziose forze che vengono meno. Infatti la conclusione di questo racconto Omerico porta alla consapevolezza della sopraggiungere della vecchiaia e la forza, un tempo di Ulisse, la si tramanda nel figlio Telemaco.
    Hai detto bene su quel "ceffone" medicamentoso, un abbrivio necessario. E quel segno delle 5 dita sul viso, sta a indicare l'Uomo che ha, appunto, per simbolo il pentagramma o pentalfa. Vedrai che, quanto meno te lo aspetti l'Uomo verrà.
    Gaetano

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  11. Gaetano, la tua profondità di pensiero mi rende civettuola...

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  12. @Gaetano O.O urka, sono proprio io, mi hai descritta alla perfezione.... mi sento civettuola un po' anch'io :D !!!!! la tua profondità di pensiero è troppo ... profonda! cmq ci mediterò su, la notte è una buona consigliera

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  13. Mentre leggevo i versi vedevo il quadro: hai dipinto perfettamente un Travet moderno: complimenti Buba. Ciao e ciao a Stella

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  14. @Paola grazie, quell'immagine trovata in internet mi aveva colpita subito buona domenica

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